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IL CROLLO DELLA COPPIA

Tradimenti e divorzi è il crollo della coppia. Nell'ultimo anno triplicate le rotture.

L'Istat: le unioni più forti tra partner psicologicamente maturi con almeno due figli. E' rischioso sposarsi presto. In generale, si sfasciano di più le unioni al Nord, quelle senza figli, e le separazioni sono in maggioranza iniziativa della donna, mentre l'addio definitivo, col divorzio, è più sollecitato dal maschio.

Questo ci dice l'Istat, confermandoci che anche in Italia, come nel resto dell'Occidente, sono in forte aumento i divorzi. Si è decisamente moltiplicata l'instabilità coniugale, negli anni che vanno dal 1980 al 1999: se nel 1980 si registravano 29.462 separazioni e 11.844 divorzi, dieci anni dopo i valori sono aumentati rispettivamente a 44.018 e a 27.682.

Se poi nell'80 cento coppie si sposavano, 9 nel contempo si separavano e 3,7 divorziavano, ponendo completamente fine al loro legame coniugale, nell'ultimo anno preso in esame nel rapporto le proporzioni giungono quasi a triplicarsi. I dati parlano chiaro: per 100 matrimoni che si celebrano nel corso dell'anno, 23,5 coppie si separano e 12,3 divorziano.

A dire basta sono le donne: esaminando le domande di separazione presentate dalle mogli, infatti, emerge come nel 68,1% dei casi siano proprio loro a prendere la decisione, contro il 31% dei mariti che lo fanno presentando istanza di divorzio.

Tanta risolutezza nel farla finita che aumenta di pari passo con l'occupazione femminile. La palma spetta al settentrione dove si registrano 5,5 separazioni e 3,1 divorzi ogni mille coppie. Più propensi a difendere l'unione nel mezzogiorno dove si registrano 2,9 separazioni e 1,3 divorzi.

A "crollare" sono soprattutto i coniugi che si sposano da giovani (a meno di 24 anni). Con l'aumentare dell'età, invece, diminuisce il rischio di rottura. Più salde le nozze in cui il marito ha un'età non troppo superiore a quella della moglie. La coppia più resistente è quella in cui lei al momento del sì ha un'età tra i 3034 anni e lui tra i 4044; seguita dalla combinazione 2529/3034.

Più del 90% dei separati e dei divorziati è nato nella stessa regione o nella stessa zona. Si lasciano di più, inoltre, i coniugi che non hanno generato prole (passano dal 27,8% dell'80 al 33,6% nel ‘98); al contrario le unioni matrimoniali con più di due figli vedono ridursi la percentuale dall'11,6% al 7,5%.

Più inclini alla separazione consensuale che al contenzioso le coppie che risiedono al Nord (90%), rispetto a quelle che risiedono al Sud che optano per l'accordo nel 73% dei casi. Occorre comunque tenere presente che nella scelta del tipo di procedimento giocano un ruolo importante anche la diversa durata e i costi. Per la separazione consensuale o per il divorzio congiunto, infatti, la procedura è meno costosa e più snella. Mediamente occorrono 135 giorni, contro i 1119 giorni per la sentenza di separazione e i 617 giorni per quella di divorzio se si sceglie il rito del contenzioso.

La durata media del matrimonio al momento della richiesta di separazione è di 13 anni, mentre quando si arriva al definitivo scioglimento ne sono passati mediamente 17 anni dal sì.

Nell'ultimo decennio sono tuttavia aumentate le rotture nei primi anni di nozze: se nel 1985 il 19,1% delle separazioni proveniva da matrimoni celebrati meno di 5 anni prima, nel 1990 la percentuale sale al 20,8 e nel ‘98 al 22,2%. Le separazioni dopo un matrimonio religioso sono l'82,1% contro il 17,9% di quelle post rito civile, ma il forte gap è dovuto alla maggiore incidenza delle celebrazioni in Chiesa.

Con buona pace di tanti solerti «mammi», i figli dei separati in Italia restano quasi sempre con la genitrice. Soltanto il 4,8% dei figli coinvolti nelle cause di separazione è stato affidato al padre, contro il 91,3% di affidamenti a favore della madre. Nei divorzi le percentuali di affidamento al padre e alla madre si attestano rispettivamente al 6,4% e 90,8%.

Tratto da: "La Repubblica"

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