Lascia i tuoi Saluti

clicca sul Diddl

Home Page

Chi Siamo

Cosa
Facciamo

Comunica
con noi

La Comunita'
Alloggio

La Nostra
Casa

La Nostra Cappella

Hanno Celebrato...

I Nostri
Ritiri Spirituali

La Bacheca
dei Ragazzi

Il Laboratorio di Icone Sacre

Le
Nostre Icone

Comunita' Amici dell'Oasi
1 2 3 4 5 6 7 8

Benvenuti all'Oasi
1 2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13

Il Centro
Carl Rogers

1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11

Corsi
per Educatori

1 2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13

La Comunita' Consacrata

La Nostra Vita Spirituale

La Nostra
Missione
Nella Chiesa

I Nostri
"Maestri"

Progetti
nelle Scuole

1 2 3 4 5 6 7 8

Corsi per
Insegnanti

1 2 3 4 5 6 7 8

Scuola Genitori
1 2 3 4 5 6

Laboratorio Educativo
"
E' Piu' Bello Insieme"
1 2 3 4 5 6 7 8

9 10 11 12 13

Laboratorio
per Fidanzati

1 2 3 4 5 6 7 8

Servizio Civile Volontario

Chi e'
Don Bosco

L'Angolo di
Don Bosco

Diventa cio' che Sei

Materiale per
Educatori

Briciole di Poesia

Saggezza Orientale

Briciole
di Saggezza

Briciole
di Spiritualita'

Appuntamenti e Notizie

Animazione
di Strada

Giovani
in Festa

Progetto
Casa Solidale

La Scuola all'Oasi

Il Vescovo in Mezzo a Noi

I nostri Tirocinanti

Convenzione Università Catania

Convenzione Università Messina

Convenzione Centro Territoriale

Auguri a...

Help Point

Divertilandia
Baby Animazione

Happy
Eighteen

Happy Eighteen
for You

1 2 3 4 5 6

Ricordi Speciali

Le Nostre Foto
1 2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13
14 15 16 17 18

L'Oasi col
Gen Rosso

Oasi
Volontariato

Anna Oxa Mamma dell'Oasi

I Nostri Benefattori

Le nostre
Pubblicazioni

Le nostre Palestre

Le Vostre
Dediche

...L'avete fatto a Me

I Nostri
Ringraziamenti

C'e' Bisogno
di Dare

E' Dio che fa!

Grazie
Don Bosco

VIP all'Oasi

I Nostri Amici
Sa
cerdoti

Settimana Santa a Ispica

Stampa


"Per noi la Santità
consiste nello
stare Allegri"
Don Bosco





"Per noi la Santità
consiste nello
stare Allegri"
Don Bosco

 

MATERIALE PER EDUCATORI

ASSERTIVITA' 

Noi non soffriamo dello shock delle nostre esperienze   - il cosiddetto trauma - ma facciamo di esse esattamente ciò che serve ai nostri scopi. Noi siamo autodederminati dal significato che diamo alle nostre esperienze, e probabilmente vi è sempre un qualche errore nel prendere alcune particolari esperienze come base per la propria vita futura. I significati non sono determinati dalle situazioni, bensì noi determiniamo noi stessi tramite i  significati che diamo alle situazioni. [A. Adler ]

L'ansia sociale è lo stato di disagio soggettivo che si instaura in una persona quando è esposta all'interazione sociale. Dico "esposta" perché sovente si manifesta per il solo fatto che siano presenti altre persone, a causa dell'impossibilità di non comunicazione in modo analogico. Essere osservati significa, per l'ansioso, essere valutati, giudicati. Chi ha una immagine negativa di sé teme che gli altri possano, osservandolo, capire le sue carenze. Sovente l’ansia si manifesta in assenza della situazione di riferimento a causa della predisposizione di molte persone a preoccuparsi degli eventi futuri (previsioni negative).

L'ansia sociale può essere generalizzata o circoscritta. Nel primo caso vi è disagio in qualunque interazione, nel secondo solo in alcune situazioni critiche che variano da persona a persona. La casistica elenca situazioni quali essere osservati, esibirsi davanti ad un pubblico, mangiare al ristorante, scrivere in presenza di altri, parlare al telefono, usare il gabinetto, esprimere le proprie idee, affrontare esami e colloqui di lavoro, fare e ricevere complimenti e richieste, fare compere, passeggiare o fare code, sostenere il contatto oculare, corteggiare, preoccuparsi del proprio aspetto in modo eccessivo.

Quest'ultimo problema può rendere difficile distinguere l'ansia sociale dalla dismorfofobia, preoccupazione irrazionale ed eccessiva per inesistenti o piccoli difetti fisici. Molti personaggi famosi del mondo dello spettacolo soffrono di crisi d'ansia (panico) causata dal timore di fallire davanti al loro pubblico. Il seguente è un breve elenco di personaggi che hanno ammesso di avere questo problema: Sir Laurence Olivier, Vladimir Horowiz (smise di esibirsi per 15 anni), Arthur Rubinstein, Pablo Casals, Luciano Pavarotti, Carly Simon, Barbara Streisand. Alcuni timidi evitano i contatti sociali per timore di arrossire (eritrofobia); circa la metà delle persone con fobia sociale ha questo problema. Altri sono sempre in imbarazzo quando devono conoscere persone nuove. Altri ancora evitano le cene in compagnia, anche da soli non vanno al ristorante. Una delle cause è il timore che le mani incomincino a tremare versando le bevande dai bicchieri, oppure di far cadere il cibo dal piatto o non riuscire a portarlo correttamente alla bocca. Vi è chi non riesce ad usare il gabinetto in casa d'altri, nella propria se ci sono ospiti, nei luoghi pubblici e sul lavoro. Questa difficoltà li spinge a studiare attentamente gli orari in cui gli altri usano i gabinetti per poterli usare in solitudine. Questo disturbo è più diffuso tra i maschi e ha un'incidenza che varia dal 14 al 32 per cento.

Le conversazioni telefoniche possono essere un problema. Vi è il timore di non sapere come sostenere la conversazione, che si creino quelle silenziose e imbarazzanti pause che costringono l'altro a chiedere: "Ci sei ancora?". Parlare in pubblico e sostenere esami rappresenta una delle più sconvolgenti situazioni. A volte queste paure si materializzano veramente. Gli psicoterapeuti si trovano a dover aiutare persone che appena impugnano una penna incominciano a manifestare tremore alla mano con conseguente incapacità di scrivere. Altri hanno tremore alla mano se usano tazzine da caffè o bicchieri leggeri; è facile capire cosa significa per queste persone fare o ricevere inviti, firmare documenti. Potere del pensiero! Solo la suggestione ipnotica può arrivare a produrre fenomeni simili! ma non sono così duraturi.

C'è in generale il timore del giudizio degli altri, di perdere il loro affetto, la loro benevolenza, la loro stima, di esprimere i propri sentimenti e idee. La gravità di questa patologia va dalla semplice timidezza alla vera e propria fobia sociale con attacchi di panico. Il 20-50 percento delle persone afflitte da ansia sociale ha attacchi di panico. Quando il panico non è una sporadica esasperazione dell'ansia sociale va trattato come disturbo primario. Il disagio soggettivo comprende sofferenze che, a scopo didattico, si possono suddividere in cognitive, fisiologiche, comportamentali, sociali. Esse sono in realtà come avvolte in una spirale perversa di reciproche influenze negative; conferme e amplificazioni che perpetuano e aggravano il problema.

Il disagio cognitivo si concretizza con una sequela di pensieri inerenti conflitti, sensi di colpa, ruminazioni mentali per eventi passati presenti o imminenti, immagine negativa di sé, timore del giudizio altrui, idee di suicidio, timore di perdere il controllo su sé stessi, paure del rapporto sociale, incertezze sul proprio futuro, difficoltoso rapporto con il proprio corpo, perdita della fiducia sulle proprie capacità d’efficacia ad affrontare le situazioni problematiche. Negli attacchi di panico si può arrivare a stati "dissociativi" con depersonalizzazione, derealizzazione e svenimento.

Il disagio fisiologico comprende una lunga lista di possibili reazioni mediate dal sistema nervoso autonomo: rossore, sudorazione, tremori, tachicardia, dispnea, capogiro, cefalea, vampate di calore, nausea, vomito, tensioni muscolari, disturbi all'apparato digerente, vertigini ecc.

Il disagio comportamentale consiste nel sentirsi costretti ad utilizzare comportamenti di fuga e di evitamento per sfuggire all'ansia. Questo avviene così frequentemente che il corpo sembra risponde più ad un sistema motorio riflesso che volontario. Anche il conflitto, il comportamento goffo o impacciato, i tremori di cui ho parlato prima, sottraggono il corpo alla sfera della libertà e dell'autocontrollo.

(La "fuga" è un comportamento che ci permette di sottrarci ad una situazione che per noi è ansiogena. L' "evitamento" è un comportamento che ci permette di non essere coinvolti in queste situazioni).

Il disagio sociale implica doversi privare del piacere di vivere la vita dividendo il tempo libero con i propri simili. Si rinuncia alle cene, al ballo, alle passeggiate, al cinema, e così via. A queste situazioni ci si può sottrarre, ma dove l'evitamento non è possibile la vita diventa veramente difficile. Mi riferisco al lavoro e al contesto familiare. Il rischio di perdere il lavoro è molto alto in certe professioni. Certe situazioni famigliari non sono facilmente evitabili senza pagare "costi" elevati.

Se osserviamo la piramide della gerarchia dei bisogni di Maslow notiamo che le ansie sociali minano in modo evidente gli ultimi tre bisogni posti in alto.

Ma, ad una più attenta analisi, ci accorgiamo che, anche i primi due sono messi in discussione. Le condizioni fisiologiche degli anassertivi, a causa degli stressor psicosociali autosomministrati, sono largamente compromesse dalla serie di somatizzazioni di cui abbiamo già parlato.

In aggiunta, il disagio fisiologico ed emozionale, abbassa il grado di sicurezza sull’efficacia personale ad affrontare le situazioni. Una bassa auto-efficacia determina un abbassamento delle difese immunitarie. La depressione, inoltre, favorisce la proliferazione di neoplasie e accelera la crescita di cellule tumorali. Che dire poi del bisogno di sicurezza fisica in persone anassertive-depresse con idee suicide?

Poiché questi bisogni si fondano e sviluppano uno sull’altro è evidente il danno che ne deriva alle persone afflitte da grave ansia sociale. Se questi disagi diventano troppo intensi si prova un profondo smarrimento e la paura di impazzire. Si diventa consapevoli di non avere più il controllo sui pensieri, sulle emozioni e sul corpo. E' come essere al volante di una macchina che sfreccia ai 200 all'ora e rendersi conto, all'improvviso, che tutti i comandi sono fuori uso. E' un’emozione terribile. Non ci si deve pertanto meravigliare se alcuni hanno attacchi di panico in assenza di un pericolo visibile. Il pericolo è dentro, non fuori.

Essere stimati come persona che non crea mai problemi, che attenua o evita i conflitti, che è altruista, tranquilla, un vero amico, collaborativo, non può che sembrare positivo ed essere appagante. Si tratta però di una strategia con dei costi molto alti sul lungo termine.

Non esercitare i propri diritti, inibire le proprie idee ed emozioni, centrare la propria vita in funzione dei giudizi e desideri degli altri, tutto ciò porta ad un abbassamento drastico dell'autostima, all'emergere di rabbia repressa, sensi di colpa, depressione, conflitti e somatizzazioni.

In questo articolo non tratterò le cause della timidezza, dell'ansia sociale, delle fobie sociali e della depressione. Mi limito a dire che questi problemi vengono da lontano, dall'infanzia e che crescono con preoccupante progressione in molte persone.

Provate a formare una palla di neve e fatela rotolare giù per un pendio nevoso: essa mentre rotola raccoglie altra neve e diventa sempre più grande fino ad assumere proporzioni notevoli; così è la vita per il timido, ma ciò che raccoglie e in cui si avviluppa è una sequela di esperienze negative che danno vita ad una struttura mentale tanto gracile quanto anomala. Ora procediamo sul piano puramente descrittivo del problema.

 

 

ANSIA-EMOZIONI E FALLIMENTO
 

Ansia e Emozione sono concetti complessi e sfuggenti. Tante Suole tante idee: troppe definizioni, troppe classificazioni, troppi criteri per definire e classificare. La distinzione tra ansia e angoscia viene fatta solo nei paesi di Lingua Latina; in Gran Bretagna e in Germania hanno una sola parola per entrambe: Anxiety e Angst. Molti studiosi non distinguono l'ansia dalle emozioni spiacevoli. Qui desideriamo solo evidenziare in modo semplice l'effetto disgregante che hanno sul comportamento, utilizzando strumenti che siano onnicomprensivi e descrittivi. L'ansia è trattata come comportamento molare, l'emozione come molecolare.

L’ansia riveste un ruolo determinante in tutte le situazioni della vita, comprese quelle non sociali, generando stati emozionali che interferiscono sul pensiero, sul comportamento e sulle emozioni. Le persone anassertive sviluppano ansia associata al timore del giudizio degli altri. Ne consegue che non emettono i comportamenti adeguati per timore, oppure falliscono nel tentativo di farlo.

Qual'é il meccanismo che sostiene l'impressionante mole di fallimenti dell'ansioso?

A monte di tali insuccessi vi è una regola generale che vale per tutti a prescindere dal tipo di problema o situazione:

oltre un certo limite l'ansia abbassa l'efficacia di qualsiasi prestazione.

Paradossalmente, abbiamo deciso di scegliere un esempio tratto dalla psicologia animale. Essa, diversamente dall'etologia, studia gli animale con il preciso intento di generalizzare i risultati all'uomo. L'esperimento che presentiamo è noto a tutti gli studiosi, le risultanze sono leggi empiriche tra le più solide che siano state formulate.

La generalizzazione all'uomo si è dimostrata valida in settori diversi dell'apprendimento: motorio, verbale, discriminativo (Patrick, 1934; Courts, 1939; Young, 1943; Stennet, 1957; e altri). E' un esperimento inquadrabile nel capitolo sperimentale della "punizione". L'ansia che misura è situazionale (di stato), solo nell'uomo è possibile misurare l'ansia come tratto della personalità.

L'esperimento fu fatto nel 1908 ed è noto come la legge di Yerkes-Dodson.

Ratti divisi in 3 gruppi devono apprendere a discriminare tra una scatola nera e una bianca. Quando entrano in quella bianca possono proseguire per tornare al nido senza problemi, quando entrano in quella nera ricevono una scossa elettrica, dolorosa ma a basso amperaggio, che induce ansia. Variabili manipolate:

Scossa: ogni gruppo è sottoposto a diverse prove con le medesime variazioni di intensità della scossa.

Difficoltà del percorso:1° gruppo intermedia, 2° gruppo facile, 3° gruppo difficile.

Il rapporto tra ansia e prestazione può essere schematizzato sintetizzando le tre curve come segue:

Come si può notare l'ansia aiuta a migliorare la prestazione in modo ottimale quando oscilla tra il 40% e il 60 %. Si tratta di normale preoccupazione che stimola in modo positivo la nostra attenzione per permetterci di dare il meglio di noi. Oltre questo valore ha effetto disgregante sul comportamento.

Le te curve originali evidenziano anche che l'effetto dell'ansia diminuisce con il diminuire delle difficoltà del compito e del livello dell'ansia. Queste due evidenze empiriche giustificano sperimentalmente il criterio di gradualità nelle psicoterapie. Alcune, come la desensibilizzazione sistematica di Wolpe, hanno fatto della gradualità un principio cardine. Nessuno però, per quanto ci risulta, ha mai riconosciuto a Yerkes e Dodson, la paternità di questo principio.

Le emozioni concorrono, con l'ansia, a spiegare i tanti fallimenti. Per evidenziarlo in modo intuitivo utilizziamo il concetto di arousal (Moruzzi e Magoun, 1949; approccio neocomporamentale). Esso è lo stato neurofisiologico in cui si trova la "formazione reticolare ascendente" (RAS,una parte del cervello la cui sede neuroanatomica si estende dal bulbo al talamo) conseguente alle sollecitazioni degli stimoli.

Può andare dal sonno alla massima eccitazione. La sua funzione è quella di inviare a tutta la corteccia impulsi che servono ad indurre od aumentare lo stato di attenzione. Questo "bombardamento" energetico, se non è troppo intenso, permetterà alla persona di risolvere le situazioni in cui si trova. Superato un certo livello si generano reazioni emotive negative che interferiscono con il comportamento.

L'andamento della curva è simile a quello della curva precedente e inoltre è evidente la similitudine del concetto du arousal con quello di riflesso di orientamento Pavloniano.

Gli "introversi" hanno un arousal di base piuttosto elevato, sono pertanto svantaggiati nell'esposizione a situazioni avversive. Stimoli avversivi deboli producono efficaci condizionamenti a causa dell'elevato arousal, con un numero di abbinamenti tra stimolo e organismo inferiori a quelli necessari per l'estroverso. Questo non significa che gli estroversi sono immuni dall'ansia. L'ansioso va oltre i valori ottimali di arousal e fallisce.

Il timido mentre tiene una conferenza incomincia a dare esagerata importanza ad alcune reazioni fisiologiche che percepisce (tachicardia, tremore alle mani, rossore ecc.), teme che si incrementino impedendogli di esporre correttamente il suo pensiero, teme che gli altri si accorgano del suo malessere e lo possano deridere. Più ci pensa più i sintomi fisiologici si intensificano e questi a loro volta intensificano le preoccupazioni di fallimento, derisione, perdita di stima e valore. Alla fine può stare talmente male da dover interrompere la conferenza.

Un maschio che abbia fallito un rapporto sessuale può preoccuparsi a tal punto che, nel successivo rapporto sessuale, fallirà per motivi simili a quelli che hanno causato il fallimento del timido conferenziere.

Il fallimento è contrassegnato da eccessiva auto-osservazione: viene prestata più attenzione ai sintomi fisiologici e ai pensiero ansiogeni che al compito da svolgere. Inoltre è probabile che il soggetto attivi l'abitudine a fare previsioni negative; in questo modo rende reali le emozioni, anticipando a livello fisiologico le reazioni congruenti ad una situazione che non si è ancora verificata (traduzione dei pensieri nel linguaggio analogico del corpo).

 

 

GIUDIZIO ALTRUI E BENESSERE

Se non sono per me stesso, chi sarà per me?
Se sono per me stesso soltanto, che cosa sono?
Se non ora - quando?"

[Detto Talmudico, Mishnah, Abot]

Il potere che gli altri esercitano sulle nostre capacità di esprimere giudizi autonomi e di affermare noi stessi non deve essere sottovalutato. Riportiamo un vecchio ma illuminante esperimento di S. E. Asch sull'influenza del giudizio degli altri sulla nostra capacità di esprimere il dissenso senza provare disagio emotivo. Un gruppo di 9 studenti di college viene portato in una stanza e viene loro detto che dovranno confrontare la lunghezza di una linea campione con un gruppo di tre linee di diversa lunghezza e indicare quale delle tre ha la stessa lunghezza della linea campione. L'esperimento viene presentato come un compito di percezione.

La prova viene ripetuta12 volte con linee diverse, diversamente posizionate, con lunghezze diverse e presentate su cartoncini standard. L'esperimento ha una curiosa caratteristica: 8 degli studenti sono d'accordo con lo sperimentatore per dare la risposta giusta (5 volte) o sbagliata (7 volte) tutti insieme e a prove alterne (alle prime 2 prove rispondevano correttamente); uno solo di essi non conosce l'accordo ed è la cavia dell'esperimento e deve esprimere il suo parere per ultimo.

Le cavie diedero segni emotivi di grande disagio nel constatare che il loro giudizio era diverso da quello espresso da tutti gli altri: perplessità, stupore, agitazione motoria, osservazione delle linee da diverse angolature girando la testa, ricerca di conferme dal vicino di banco con viso preoccupato, sommesse risatine, alzarsi e avvicinarsi ai cartoncini per vederli meglio ecc.

Terminata la somministrazione delle 12 prove veniva fatta una discussione di gruppo (5 minuti) e tutti erano invitati ad esprimere il loro giudizio sui disaccordi. Quando la cavia interveniva gli venivano fatte le seguenti domande in ordine crescente: "Chi crede che abbia ragione?", "Vuol dire che l'intero gruppo ha sbagliato e che lei solo è nel giusto?", "Si fida proprio tanto del suo giudizio?", "Se dalla sua risposta dipendesse qualcosa di veramente importante, se questa fosse una questione con delle reali conseguenze, come agirebbe?", "Che cosa penserebbe di tutto questo se fosse fuori dal gioco?". Terminata la discussione di gruppo la cavia veniva intervistata individualmente dallo sperimentatore che lo informava della reale natura dell'esperimento e del suo ruolo di cavia. Le cavie furono 31 e complessivamente risposero in modo sbagliato per uniformarsi all'opinione del gruppo nel 33% dei casi. Vi furono differenze individuali notevoli: alcuni non si fecero influenzare, altri si uniformarono totalmente alle risposte del gruppo. Comunque tutti ebbero le seguenti reazioni in ordine crescente:

1.      rispettarono l'opinione del gruppo ;

  1. sentirono un notevole disagio emozionale;
  2. attribuirono a sé stessi la colpa della divergenza di opinione;
  3. tentarono poi di trovare una spiegazione esterna, nel gruppo;
  4. concentrano maggiormente l'attenzione sui cartoncini;
  5. continuarono a dubitare di sé stessi non trovando una spiegazione per le divergenze;
  6. sentirono il desiderio di essere in accordo con il gruppo per non sentirsi diversi;
  7. trovarono l'esperimento molto stressante.

L'esperimento fu ripetuto con un gruppo simile al precedente ma aumentando il divario (da 2,5 a 17,5 cm.) tra la linea standard e quella che veniva deliberatamente indicata come identica dal gruppo. Contrariamente alle aspettative i risultati furono simili ma aumentò di molto il disagio emotivo nelle cavie che si sottomisero al giudizio del gruppo.

L'esperimento fu poi ripetuto con gruppi di sole due persone: gli errori di valutazione si ridussero drasticamente ma il disagio cognitivo-emotivo fu il medesimo. Questo ci porta a concludere che il gruppo più numeroso amplifica il disagio.

Fu poi fatto un esperimento con un gruppo di 18 persone in cui un membro del gruppo (in accordo con lo sperimentatore) dava sempre la risposta giusta e la dava prima della cavia. La presenza nel gruppo di un "partner" a cui la cavia poteva appoggiarsi ridusse drasticamente le risposte errate al 13% e alleviò notevolmente il disagio emotivo. L'effetto del giudizio della maggioranza del gruppo fu comunque rilevante rispetto ad un gruppo di controllo.

L'esperimento fu ripetuto invertendo le parti e i ruoli. Quando uno solo dava le risposte sbagliate (in accordo con lo sperimentatore), il resto del gruppo manifestava prima stupore, poi risatine e commenti ironici, poi risate clamorose e contagiose. Si fece poi un esperimento in cui il gruppo era scomposto in due sottogruppi di 9 persone informate e 11 ignare. Le reazioni del gruppo non informato furono diverse. Non ci furono risate ma un serio tentativo di capire le differenze. Restarono convinti del loro giudizio senza emozioni negative. Pare dunque che la fiducia in sé stessi si fondi in parte sul numero dei consensi che si hanno dagli altri.

"Non puoi accontentare tutti, 

accontentati di accontentare te stesso!"

Accontentare noi stessi è un nostro diritto. Se così facendo riusciamo anche ad accontentare altri, ben venga. Quel che importa è non vivere in funzione del piacere altrui. Temere di essere giudicati negativamente dagli altri equivale a volerli soddisfare. Vi sono persone che costruiscono tutta la loro vita in funzione del piacere ed il giudizio altrui. "Come mi giudicheranno se metterò questo abito?", "Questa persona mi è davvero simpatica, ma cosa penserebbero di me i miei amici se mi vedessero andare in giro con un omosessuale?", "Vorrei piangere, ma non posso! La gente attorno a me mi giudicherebbe debole. Devo trattenermi.", "Quante domande vorrei fare a questo conferenziere, ma non posso! La gente si renderebbe conto che sono ignorante.", "Come vorrei dire a questa ragazza che mi piace, ma mi giudicherebbe uno stupido!", "Cosa dirà mio padre?", "Cosa diranno i colleghi?" Chi "spende" il suo tempo a preoccuparsi di cosa pensano gli altri perde ogni buona occasione che gli si presenta di fronte per affermare sé stesso, rinuncia a vivere la sua vita per soddisfare il giudizio altrui. Molte occasioni "bruciate" non si ripresenteranno mai più! Per soddisfare gli altri si deve costantemente modificare il proprio comportamento in funzione del loro piacere. Questo genera ansia e si finisce col divenire schiavi del giudizio altrui. Questo è tipico delle persone Passive. Esse, quando parlano, cercano sempre segni di approvazione nel loro interlocutore, temono di dire cose che non piacciono. Questo continuo stare allerta genera ansia. La credenza a cui fa capo questo comportamento passivo è: "Tutti sono in diritto di giudicarmi. Io devo solo subire ed adattarmi!". La dipendenza dal giudizio altrui comporta delle disfunzioni nel rapporto sociale tra cui:

- DIFFICOLTÀ A FARE LE PROPRIE RICHIESTE

- DIFFICOLTÀ A RIFIUTARE LE RICHIESTE ALTRUI

- STRESS D’ADATTAMENTO ALLE ESIGENZE ALTRUI

- VIVERE IN FUNZIONE DEGLI ALTRI

- INCAPACITÀ DI GESTIRE I GRUPPI

SAPER FARE RICHIESTE

Fare richieste è un nostro diritto, così come è nostro diritto rifiutarle. Coloro che hanno grosse difficoltà nel farlo si aspettano che gli altri capiscano da soli; vi è la preoccupazione per l’altro, per il suo giudizio. Una persona può ritenere scortese fare richieste, cortesia è: aspettare che ti sia dato! Un’altra può porsi il problema se l’altro sentendosi obbligato ad esaudirla potrà trovarsi in difficoltà. Un altro invece… Fatto sta che il problema lo ha chi non è in grado di fare la sua richiesta, sta agli altri decidere se accettare o rifiutare. Costruirsi castelli mentali con i "se" ed i "forse" non aiuta a conoscere la risposta alle nostre domande. L’unico modo per sapere come stanno le cose è fare la nostra richiesta ed accettare che essa possa essere accolta così come rifiutata; avere una giusta aspettativa.

 

SAPER RIFIUTARE RICHIESTE

Rifiutare richieste, anche ad un amico, è un nostro diritto. Ma vi sono persone che non sono in grado di farlo. La paura di rifiutare una richiesta, di negare un favore, è dovuta al timore di essere giudicati negativamente. Chi ha interagito con persone Passive, che non sanno mai dire di no, sa bene che il loro "sì" potrebbe anche voler dire "no". Esse possono dire "sì" sul momento, solo per paura di essere giudicati male, mentre invece avrebbero voluto dire "no". In seguito si defileranno dall’impegno preso aspettandosi che l’altro capisca! Altri diranno "sì" è terranno fede al loro impegno, anche se questo gli causa dolore e disagio. Per loro l’idea di fare brutta figura o di essere giudicati male è fonte di un disagio più forte che non l’agire contro la propria volontà. La volontà altrui viene prima della propria! Questo poggia su:

- BISOGNO DELL’APPROVAZIONE ALTRUI (dipendenza dagli altri)

- PAURA DELLA CRITICA (immagine negativa di sé stessi / dipendenza dal giudizio altrui)

 

STRESS D’ADATTAMENTO ALLE ESIGENZE ALTRUI

Il dover modificare costantemente il proprio comportamento per andare incontro alle esigenze altrui è molto stressante. Ogni volta che si esprime la propria opinione ci si chiede se è sbagliata e si inizia a cercare di cogliere i segnali non verbali dell’altro per capire se è d’accordo con ciò che abbiamo detto. Questa costante attenzione genera ansia. Per accontentare gli altri lasciamo scegliere a loro che film andare a vedere , in quale ristorante andare a mangiare, anche quando non ci sentiamo di farlo. Quando la relazione diventa "troppo pesante da reggere" per il Passivo, egli lascia cadere l’amicizia, incomincia a trovare scuse per non incontrarsi con l’altro. Invece bastava dire "no", "non mi piace", "non sono d’accordo", e la relazione sarebbe potuta continuare. Ma il Passivo dice "sì" controvoglia, aspettandosi che l’altro "capisca da solo"!

 

VIVERE IN FUNZIONE DEGLI ALTRI

La dipendenza dal giudizio altrui può spingere le persone a costruire e condurre la propria vita in funzione degli altri. Il condizionamento ambientale gioca un ruolo fondamentale nella formazione dell’immagine sociale "ideale" da raggiungere. Quanti genitori vogliono a tutti i costi veder diventare i loro figli "avvocati, "dottori"! Altrettanti figli, pur di accontentare i loro genitori, intraprendono carriere per le quali non sono motivati, rivestendo ruoli in cui non si identificano. La corsa allo status sociale porta le persone a gareggiare tra loro su chi ha l’automobile più lussuosa, la moglie più bella, i vestiti all’ultima moda. Comprarsi auto lussuose, sposarsi belle donne o vestire all’ultima moda non è sbagliato, purché lo si faccia per sé stessi, perché si ha piacere di farlo. Il costante senso di competizione con gli altri genera ansia, ci porta a confrontarci con ci circonda, a mettere costantemente in dubbio la nostra immagine, la nostra persona — "Sarò all’altezza? Spiccherò? Sarò accettato?" La vera domanda da porsi è: "Sono me stesso?". Sposarsi una donna solo per fare bella figura alle cene d’affari non è il presupposto per la costruzione di una famiglia, non è un gesto di stima verso sé stessi.

 

INCAPACITÀ A GESTIRE I GRUPPI

Quando un persona giunge a costanti compromessi con sé stesso per compiacere l’amico, finisce con lo sviluppare tante "personalità" e ruoli sociali quanti sono i suoi amici. Fin tanto che egli interagisce con quelle persone a "tu per tu" riesce di gestire la situazione. Ma cosa succede quando si trova a dover incontrare più amici assieme? Automaticamente scattano l’ansia e l’incapacità di gestire le "situazioni complesse". Ogni suo amico si aspetta che egli si comporti conformemente al ruolo per il quale lo conosce, ma nel gruppo è impossibile accontentare tutti contemporaneamente. Per questa ragione i Passivi tendono a saper gestire meglio e prediligere le relazioni individuali che non i gruppi. Nel gruppo essi si sentono spiazzati e tendono a chiudersi in sé stessi. Così è in amicizia come sul lavoro, la dinamica non cambia. Rinunciare a potersi sentire liberi di esprimere sé stessi in mezzo ai propri amici è un prezzo alto da pagare. L’Assertivo non dipendendo dal giudizio altrui è nella posizione di poter proporre sé stesso in qualsiasi situazione. Ciò nonostante egli è in grado di costruire relazioni diverse con ciascuna persona che frequenta. Lo sbaglio che l’Assertivo non commette è quello di compromettere sé stesso per accontentare l’altro. Con ogni persona egli costruirà una relazione particolare a seconda di ciò che lo accomuna ad essa, ma senza per ciò doversi modificare.

Tristano Aimone


N.B. Il dott. Carmelo Impera è disponibile per incontri formativi e corsi sulla Comunicazione Interpersonale Efficace 

TORNA A... MATERIALE PER EDUCATORI


BENVENUTI
nel Sito della
Comunita'

OASI
DON BOSCO

Ispica (RG) via Enna 2

EVENTI



31 luglio 3 agosto 2006

workshop estivo giovani

3/6 agosto 2006
workshop estivo Famiglie

1-2-3 settembre 2006
FestaGiovani nella Capitale
insieme a Giosy Cento

Siamo su
IspicaWeb

per info: 0932/700108
338/9839818

appuntamenti e notizie

<Aiuta la nostra Comunità a vivere...
Clicca sotto

La Bacheca
dei Ragazzi

URGENTE!
Cosa serve all'OASI

Entra nel
FORUM


ENTRA
CORSI PER
EDUCATORI

RICORDI
SPECIALI


Visita le pagine
piu' Belle
della nostra Storia

AGENDA
dell'Oasi

 


I NOSTRI
VIDEO
Campo '05
Prof. Bandura

Giosy Cento
Mago Silvan
Saluti liceo Mazzini
Saluti Pooh
Anna Oxa
 


Materiale
per Educatori

 SCARICA